giovedì 24 marzo 2016

Ansia da prestazione

Alla fine è arrivata.
L’hai progettata, programmata nei minimi particolari, provata fino allo stremo delle forze, te la sei sognata più o meno ogni notte fino ad ora, ogni volta con un finale diverso.
E spesso nemmeno tanto lieto.
Ma ci siamo, oggi è il gran giorno della presentazione del tuo libro.
Sei andato a letto la sera prima insolitamente tranquillo, ripetendo a te stesso che non c’era nulla di cui preoccuparsi, che ogni cosa era stata programmata nei minimi particolari e che tutto era pronto per il tuo gran giorno.
Si, come no.
Ma questa mattina hai aperto gli occhi con uno strano peso sullo stomaco, una vibrazione simile a un fischio fissa nelle orecchie e la sensazione di non poter stare fermo sulle tue gambe per più di due secondi.
Per tutto il giorno, qualunque cosa tu stia facendo, la tua mente si arrovella sulle duemila cose che potrebbero andare storte e sulle quali ormai senti di non avere più potere.
Il locale andrà bene?
Ci sarà abbastanza da bere?
Funzionerà il microfono?
E soprattutto, si presenterà qualcuno?
In qualche modo ti trascini fino al primo pomeriggio, riesci a farti una doccia e a vestirti di tutto punto e stranamente il look che avevi deciso di sfoggiare ti sta anche bene, non devi modificare nulla.
Ti presenti al locale con largo anticipo, del resto sei del segno della Vergine e il ritardo non fa proprio parte del tuo dna, e aspetti pazientemente che ogni cosa venga preparata e predisposta.
Arriva il momento della lettura di prova, e come ogni buon copione che si rispetti fai schifo ma schifo che più schifo non si può.
Ti tremano le mani, la fronte gronda di sudore e da dove ti è uscita quella vocina stridula da chihuahua mestruato?
Ti alzi scoraggiato e chiedi un bicchiere di prosecco alla padrona del locale, che captando la tua epocale ansia da prestazione ti versa l’equivalente di un barile di vino bianco in un bicchiere grande quanto una roulotte.
A quel punto succede una cosa.
Ti volti, ormai certo che l’intera operazione si risolverà in una guittata dall’esito mediocre, e vedi le persone che iniziano a riversarsi nel locale che ha appena aperto le porte.
Riconosci tutte, ma proprio tutte le persone che hai invitato, e anche qualcuna che non hai mai visto prima ma a cui vuoi già bene per principio.
Amici vecchi e nuovi, persone di famiglia, amici di persone di famiglia e amici tuoi che non ti aspettavi nemmeno si sarebbero presi il disturbo di presentarsi.
La sala si riempie velocemente e l’aria inizia a scaldarsi, le persone girano, ti salutano e abbracciano, parlano tra di loro, quasi tutti hanno già in mano il tuo libro che hanno acquistato all’ingresso.
Sali sul palco, e complice il litro e mezzo di vino che ti sei scolato le tue gambe sono magicamente rilassate, la voce non ti trema più e riesci a sorridere senza sembrare Voldemort con la paresi.
Hai tutti gli occhi addosso, il microfono in mano e il tuo libro aperto davanti a te, senti una botta di energia invaderti il corpo e scorrerti nelle vene, prendi fiato e inizi a leggere.
Marlon Brando, Steve Mc Queen e Gregory Peck te fanno un grattino sulla schiena, per non dire una pippa, tanto sei sicuro di te, interpreti e riesci a modulare la voce a seconda del brano.
O almeno è così che ti senti, ma è quello che conta, perché come ti senti dentro è come appari, e il modo in cui vivi un’esperienza determina la qualità dell’esperienza stessa.
Quando hai finito non sai nemmeno come ci sei arrivato alla fine, ma sai che ce l’hai comunque fatta.
Gli amici si accalcano per farti i complimenti e chiederti una dedica sulla loro copia del tuo libro, il momento è del tutto surreale e in parte grottesco ma te lo vivi al meglio e cerchi di fissare quelle sensazioni nella tua mente per renderle indelebili.
Non perché è un’occasione unica nella vita, ma perché la prossima volta andrà meglio di questa, e la volta dopo meglio ancora, e così via.
Quando tutti se ne sono andati ti dicono che le copie del libro sono esaurite, e a quel punto capisci che la serata è andata bene per davvero, e non soltanto nella tua immaginazione.
Non ti resta che prendere il cappotto e tornare a casa, la tua parte per oggi l’hai fatta.
Ed era una parte da oscar.

P.S. ovviamente non ti dimentichi delle persone che ti hanno aiutato, si son messe in gioco, ti hanno aiutato e sostenuto, hanno sopportato i tuoi scleri da primadonna per un mese intero, solo e soltanto per amore tuo.

Giovà, non solo sei uno scrittore, ma sei pure fortunato, che voi de più?

Nessun commento:

Posta un commento