martedì 29 marzo 2016

Il più grande cornuto dell'universo

Negli anni ho scritto molti racconti. Quasi tutti sono nati tra le mura della Scuola Omero, la mia prima e unica scuola di scrittura.
Molti di loro erano buoni, alcuni ottimi, pochi eccellenti.
Diciassette di loro hanno avuto la fortuna di condividere una tematica, una situazione, avevano qualcosa in comune: i loro protagonisti erano tutti giocattoli.
Vecchi e nuovi, moderni o antiquati, bambole, soldatini, pupazzi di peluche o vibratori a due punte, comunque erano oggetti destinati al piacere dell'uomo, o del bambino.
Quei fortunati racconti hanno avuto l'opportunità di vedere la luce nella raccolta pubblicata dalla Alter Ego edizioni poche settimane fa, a cui questo blog è dedicato.
"Pop Toys"
Ma ce n'è uno in particolare a cui sono e sarò per sempre affezionatissimo. Non so dirvi il perché, magari mi sono divertito scrivendolo, o immaginandomi la situazione. Lo rileggo dopo anni e lo trovo ancora scorrevole e ironico, mi fa sorridere il finale, ricordo le mille versioni che scrissi prima di arrivare a questa che considero quella definitiva.
Vorrei trovare una casetta anche per lui, il povero astronauta sfigato che viene cornificato in diretta nazionale, perché mi fa un po' pena immaginarmelo tutto solo lassù nell'universo dei racconti mai pubblicati.
Lo faccio atterrare qui, nel mio blog, dove potrà stare finché vorrà o finché la NASA non lo chiamerà per la sua prossima missione.
Ecco a voi ....

Il Più Grande Cornuto Dell’Universo


 
Ce la puoi fare, e lo sai benissimo.
La tua mente si arrovella su duemila calcoli diversi, mentre le tue dita picchettano sui tasti del terminale a velocità supersonica.
Del resto eri il primo del tuo corso di ingegneria spaziale, ti sei laureato con il massimo dei voti, e velocità di rotazione del pianeta, attrito con l’atmosfera e potenza di accelerazione dei tuoi motori vanno giù come un bicchiere d’acqua per uno come te.
La tua casa vista dall’alto è solo un puntino marrone in una distesa enorme di case tutte uguali e allineate nella periferia di San Diego, ma questo figlio di puttana di un cervellone ti trova una pecora nera in mezzo a un milione di pecore bianche se gli dai le coordinate giuste.
Il silenzio assoluto al quale ti sei abituato sembra improvvisamente cambiato. Se ascolti attentamente ti sembra di sentire un sottofondo di risate provenire da ogni parte.
Da quel grosso pallone da calcio verde e azzurro che hai davanti,  con le sue catene montuose, i suoi continenti immensi, gli oceani che ti piaceva tanto guardare da qui.
Da quella miriade di puntini luminosi che prima ti tenevano compagnia, ma che adesso ti sembrano infiniti occhi di piccole creature nascoste nel buio che sfottendoti si danno gomitate e ti indicano dicendo :”E’ lui, è lui! Il più grande cornuto dell’universo!”.
Lo sai che sono loro, quei fottuti ET ridono di te pensando a quello che ti è appena successo. Perché esistono, se hai avuto qualche dubbio fino ad ora di certo non ne hai adesso.
Non vedi l’ora di compiere la tua ultima missione, conti i minuti che ti separano dalla spinta finale dei motori, ma sai bene che il tempo quassù è una creatura volubile ed elastica, che può restringersi tanto da diventare invisibile, o distendersi al punto da far durare tre minuti per tre ore, tre giorni o tre mesi.
Vieni scosso da un violento conato, ma ti ricordi cosa ti hanno insegnato sul vomitare a gravità zero, e fai di tutto per trattenerti.
Jenna, la donna più importante della tua vita, quella che hai amato fin dai tempi dell’università, la tua compagna in tutte le fasi della tua carriera fino ad oggi, che ti riscaldava le lenzuola tutte le sere quando eri sulla terra, e che ti scioglie il cuore al solo pensiero adesso che da tre mesi sei chiuso in questa scatola di metallo fredda e solitaria.
Jenna, la donna che ha trasformato il giorno del quattro luglio nella festa del coglione in orbita, facendolo senza pietà, in modo sbrigativo, ponendo fine alla tua vita come la conoscevi fino ad allora.
La bastarda la pagherà.
E pensare che aspettavi questo momento da tanto tempo, finalmente avresti rivisto dei volti umani, amici, dopo mesi di conversazioni con la tua ombra mentre mangiavi omogeneizzati con il culo sospeso all’altezza della tua testa. Avresti goduto per qualche minuto di onori e glorie immeritate, del resto stai solo ripulendo l’atmosfera da pezzi di satellite scassati, ma si sa che la figura dell’astronauta suscita sempre affetto e simpatia in tutti.
E così è stato, almeno in principio. Il tuo comandante, qualche sottoposto, addirittura il Presidente in collegamento, ti hanno salutato, chiesto come stavi, gridato parole di incoraggiamento, hanno riso quando hai agitato la tua mano sbattendo i piedi sospesi nel vuoto. Tutto come da copione.
Dopo, appare tua moglie sullo schermo per una chiacchierata intima. Stavi già calcolando quanto ci avresti messo per slacciarti la tuta e tirarti giù le mutande, in fondo un po’ di sesso virtuale è sempre meglio di niente, ma lei ti ha freddato immediatamente con uno sguardo gelido che ti ha fatto sentire come se avessi dei cubetti di ghiaccio che ti rotolavano nelle budella.
Senza mezzi termini, come suo solito, ha esordito con una rivelazione micidiale.
“Sono incinta.”
“Che bello!”
“Per te mica tanto. Sono incinta di Pete Norton.”
Ora, per il novantanove per cento degli esseri viventi, alieni compresi, questo è semplicemente il nome dell’amante di tua moglie.
Ma per te quel nome è associato a un hyppie capellone e puzzolente figlio della vostra vicina di casa. Tu e tua moglie lo avete sfottuto per anni ogni volta che parcheggiava quel catorcio di furgone celeste nel quale vive sul vostro vialetto.
Non riesci a credere che la tua adorata moglie abbia tradito te, eroe riconosciuto in tutto il paese, per un rifiuto umano del genere.
Come se non bastasse, Jenna ti ha confessato senza battere ciglio di aspettare un figlio da lui, e tu che progettavi di allargare la famiglia una volta tornato, con un bel po’ di soldi in tasca e tanta voglia di un contatto umano. Che stronzo che sei.
A quel punto, un’altra palata di merda si è riversata su di te quando la voce del tuo comandante si è inserita nella conversazione, interrompendola bruscamente.
“Ragazzi, scusate, c’è stato un problema tecnico. Il collegamento è ancora aperto, siete in diretta nazionale. Adesso chiudiamo. Jenna, congratulazioni. Frank, buon lavoro.”
Anche lui sembrava sul punto di scoppiare a ridere per l’assurdità della situazione, cosa che avrà fatto subito dopo il click insieme al resto del pianeta.
Ora si che sei diventato famoso, ma famoso davvero.
Tanto vale far saltare tutto in aria e cancellare dalla faccia della terra questo schifo di situazione.
Se ti venisse concesso un ultimo desiderio, di sicuro chiederesti che i due adulteri possano vedere anche solo per un attimo la tua faccia sogghignante mentre ti schianti su di loro. Sarà notte fonda al tuo arrivo, sentiranno un fischio lontano farsi sempre più forte, un lampo di luce accecante e bang!
Devi assolutamente ricordarti di interrompere il collegamento radio con la base al momento giusto, o rintracceranno il tuo shuttle e lo abbatteranno con i missili prima che giunga a destinazione.
Un pensiero ti attraversa la mente improvvisamente. Sai che ce la farai, sai che la tua ultima missione sarà il successo più grande che hai mai ottenuto.
Ed è un pensiero reale, caro Frank, più di ogni altro pensiero che tu abbia mai formulato.
Perché te lo abbiamo trasmesso noi.
Dal quadrante dodici della nebulosa di Vega noi, esseri supremi conosciuti col nome di Krok  g-17, controllori della galassia e sorveglianti del traffico spaziale in tutto quello che voi esseri umani chiamate universo, abbiamo deciso di prenderci a cuore la tua a dir poco imbarazzante situazione, e di darti una possibilità per riscattarti.
Prenderemo il controllo della tua navicella spaziale e la guideremo esattamente dove hai deciso tu, che con le coordinate approssimative che hai inserito e con l’apparato tecnico primordiale del quale ti hanno dotato i tuoi simili ti saresti schiantato da qualche parte nel deserto del Nevada. Al massimo avresti centrato qualche coyote solitario.
Ti concederemo anche il tuo ultimo desiderio, e proietteremo un’immagine del tuo volto nella retina di tua moglie e del suo compagno di letto un attimo prima dello schianto.

Lo facciamo per il senso di giustizia cosmico sul quale la nostra società è fondata, per la relazione interstellare che ci lega da millenni al tuo pianeta, e anche per ringraziarti delle grosse risate che ci hai fatto fare.

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