Molti di loro erano buoni, alcuni ottimi, pochi eccellenti.
Diciassette di loro hanno avuto la fortuna di condividere una tematica, una situazione, avevano qualcosa in comune: i loro protagonisti erano tutti giocattoli.
Vecchi e nuovi, moderni o antiquati, bambole, soldatini, pupazzi di peluche o vibratori a due punte, comunque erano oggetti destinati al piacere dell'uomo, o del bambino.
Quei fortunati racconti hanno avuto l'opportunità di vedere la luce nella raccolta pubblicata dalla Alter Ego edizioni poche settimane fa, a cui questo blog è dedicato.
"Pop Toys"
Ma ce n'è uno in particolare a cui sono e sarò per sempre affezionatissimo. Non so dirvi il perché, magari mi sono divertito scrivendolo, o immaginandomi la situazione. Lo rileggo dopo anni e lo trovo ancora scorrevole e ironico, mi fa sorridere il finale, ricordo le mille versioni che scrissi prima di arrivare a questa che considero quella definitiva.
Vorrei trovare una casetta anche per lui, il povero astronauta sfigato che viene cornificato in diretta nazionale, perché mi fa un po' pena immaginarmelo tutto solo lassù nell'universo dei racconti mai pubblicati.
Lo faccio atterrare qui, nel mio blog, dove potrà stare finché vorrà o finché la NASA non lo chiamerà per la sua prossima missione.
Ecco a voi ....
Il Più Grande
Cornuto Dell’Universo
Ce
la puoi fare, e lo sai benissimo.
La
tua mente si arrovella su duemila calcoli diversi, mentre le tue dita
picchettano sui tasti del terminale a velocità supersonica.
Del
resto eri il primo del tuo corso di ingegneria spaziale, ti sei laureato con il
massimo dei voti, e velocità di rotazione del pianeta, attrito con l’atmosfera
e potenza di accelerazione dei tuoi motori vanno giù come un bicchiere d’acqua
per uno come te.
La
tua casa vista dall’alto è solo un puntino marrone in una distesa enorme di
case tutte uguali e allineate nella periferia di San Diego, ma questo figlio di
puttana di un cervellone ti trova una pecora nera in mezzo a un milione di
pecore bianche se gli dai le coordinate giuste.
Il
silenzio assoluto al quale ti sei abituato sembra improvvisamente cambiato. Se
ascolti attentamente ti sembra di sentire un sottofondo di risate provenire da
ogni parte.
Da
quel grosso pallone da calcio verde e azzurro che hai davanti, con le sue catene montuose, i suoi
continenti immensi, gli oceani che ti piaceva tanto guardare da qui.
Da
quella miriade di puntini luminosi che prima ti tenevano compagnia, ma che
adesso ti sembrano infiniti occhi di piccole creature nascoste nel buio che
sfottendoti si danno gomitate e ti indicano dicendo :”E’ lui, è lui! Il più
grande cornuto dell’universo!”.
Lo
sai che sono loro, quei fottuti ET ridono di te pensando a quello che ti è
appena successo. Perché esistono, se hai avuto qualche dubbio fino ad ora di
certo non ne hai adesso.
Non
vedi l’ora di compiere la tua ultima missione, conti i minuti che ti separano
dalla spinta finale dei motori, ma sai bene che il tempo quassù è una creatura
volubile ed elastica, che può restringersi tanto da diventare invisibile, o
distendersi al punto da far durare tre minuti per tre ore, tre giorni o tre
mesi.
Vieni
scosso da un violento conato, ma ti ricordi cosa ti hanno insegnato sul
vomitare a gravità zero, e fai di tutto per trattenerti.
Jenna,
la donna più importante della tua vita, quella che hai amato fin dai tempi dell’università,
la tua compagna in tutte le fasi della tua carriera fino ad oggi, che ti
riscaldava le lenzuola tutte le sere quando eri sulla terra, e che ti scioglie
il cuore al solo pensiero adesso che da tre mesi sei chiuso in questa scatola
di metallo fredda e solitaria.
Jenna,
la donna che ha trasformato il giorno del quattro luglio nella festa del
coglione in orbita, facendolo senza pietà, in modo sbrigativo, ponendo fine
alla tua vita come la conoscevi fino ad allora.
La
bastarda la pagherà.
E
pensare che aspettavi questo momento da tanto tempo, finalmente avresti rivisto
dei volti umani, amici, dopo mesi di conversazioni con la tua ombra mentre
mangiavi omogeneizzati con il culo sospeso all’altezza della tua testa. Avresti
goduto per qualche minuto di onori e glorie immeritate, del resto stai solo
ripulendo l’atmosfera da pezzi di satellite scassati, ma si sa che la figura
dell’astronauta suscita sempre affetto e simpatia in tutti.
E
così è stato, almeno in principio. Il tuo comandante, qualche sottoposto,
addirittura il Presidente in collegamento, ti hanno salutato, chiesto come
stavi, gridato parole di incoraggiamento, hanno riso quando hai agitato la tua
mano sbattendo i piedi sospesi nel vuoto. Tutto come da copione.
Dopo,
appare tua moglie sullo schermo per una chiacchierata intima. Stavi già
calcolando quanto ci avresti messo per slacciarti la tuta e tirarti giù le
mutande, in fondo un po’ di sesso virtuale è sempre meglio di niente, ma lei ti
ha freddato immediatamente con uno sguardo gelido che ti ha fatto sentire come
se avessi dei cubetti di ghiaccio che ti rotolavano nelle budella.
Senza
mezzi termini, come suo solito, ha esordito con una rivelazione micidiale.
“Sono
incinta.”
“Che
bello!”
“Per
te mica tanto. Sono incinta di Pete Norton.”
Ora,
per il novantanove per cento degli esseri viventi, alieni compresi, questo è
semplicemente il nome dell’amante di tua moglie.
Ma
per te quel nome è associato a un hyppie capellone e puzzolente figlio della
vostra vicina di casa. Tu e tua moglie lo avete sfottuto per anni ogni volta
che parcheggiava quel catorcio di furgone celeste nel quale vive sul vostro
vialetto.
Non
riesci a credere che la tua adorata moglie abbia tradito te, eroe riconosciuto
in tutto il paese, per un rifiuto umano del genere.
Come
se non bastasse, Jenna ti ha confessato senza battere ciglio di aspettare un
figlio da lui, e tu che progettavi di allargare la famiglia una volta tornato,
con un bel po’ di soldi in tasca e tanta voglia di un contatto umano. Che
stronzo che sei.
A
quel punto, un’altra palata di merda si è riversata su di te quando la voce del
tuo comandante si è inserita nella conversazione, interrompendola bruscamente.
“Ragazzi,
scusate, c’è stato un problema tecnico. Il collegamento è ancora aperto, siete
in diretta nazionale. Adesso chiudiamo. Jenna, congratulazioni. Frank, buon
lavoro.”
Anche
lui sembrava sul punto di scoppiare a ridere per l’assurdità della situazione,
cosa che avrà fatto subito dopo il click insieme al resto del pianeta.
Ora
si che sei diventato famoso, ma famoso davvero.
Tanto
vale far saltare tutto in aria e cancellare dalla faccia della terra questo
schifo di situazione.
Se
ti venisse concesso un ultimo desiderio, di sicuro chiederesti che i due
adulteri possano vedere anche solo per un attimo la tua faccia sogghignante
mentre ti schianti su di loro. Sarà notte fonda al tuo arrivo, sentiranno un
fischio lontano farsi sempre più forte, un lampo di luce accecante e bang!
Devi
assolutamente ricordarti di interrompere il collegamento radio con la base al
momento giusto, o rintracceranno il tuo shuttle e lo abbatteranno con i missili
prima che giunga a destinazione.
Un
pensiero ti attraversa la mente improvvisamente. Sai che ce la farai, sai che
la tua ultima missione sarà il successo più grande che hai mai ottenuto.
Ed è
un pensiero reale, caro Frank, più di ogni altro pensiero che tu abbia mai
formulato.
Perché
te lo abbiamo trasmesso noi.
Dal
quadrante dodici della nebulosa di Vega noi, esseri supremi conosciuti col nome
di Krok g-17, controllori della
galassia e sorveglianti del traffico spaziale in tutto quello che voi esseri
umani chiamate universo, abbiamo deciso di prenderci a cuore la tua a dir poco
imbarazzante situazione, e di darti una possibilità per riscattarti.
Prenderemo
il controllo della tua navicella spaziale e la guideremo esattamente dove hai
deciso tu, che con le coordinate approssimative che hai inserito e con l’apparato
tecnico primordiale del quale ti hanno dotato i tuoi simili ti saresti
schiantato da qualche parte nel deserto del Nevada. Al massimo avresti centrato
qualche coyote solitario.
Ti
concederemo anche il tuo ultimo desiderio, e proietteremo un’immagine del tuo
volto nella retina di tua moglie e del suo compagno di letto un attimo prima
dello schianto.
Lo
facciamo per il senso di giustizia cosmico sul quale la nostra società è
fondata, per la relazione interstellare che ci lega da millenni al tuo pianeta,
e anche per ringraziarti delle grosse risate che ci hai fatto fare.
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